Leaderboard (3840x480) PD

MAG - EQUITA Capital SGR accelera su private debt ed Europa

«Crescere multi-strategy e multi-geography è la strada vincente». Paolo Pendenza racconta a MAG i piani di sviluppo: focus su mid-market, apertura a Monaco di Baviera entro fine anno e attenzione alle opportunità di crescita nonostante il contesto complesso
MAG   Pendenza 2025
MAG   Pendenza 2025

Ufficialmente ha pochi anni di vita – since 2019 – la società multi-asset manager italiana EQUITA Capital SGR, costola di EQUITA, ma sul mercato è consolidata e nota. Focalizzata su private debt, private equity e infrastrutture, la Sgr offre soluzioni di investimento alternative supportando imprenditori e pmi del segmento Mid-Market in percorsi di crescita il più possibile sostenibili. A guidare il team è Paolo Pendenza , in EQUITA dal 2013, che oggi riveste il ruolo di amministratore delegato e responsabile dell’area private debt di EQUITA Capital SGR.

Intervistato da MAG, Pendenza ha raccontato l’andamento di questa prima parte dell’anno, fatta di incertezze ma anche di punti di luce. In Italia, e soprattutto in Europa, il team di EQUITA sta ponendo basi solide, seguendo un piano programmatico pensato fin dagli esordi. Spiega Pendenza: «Subito dopo la costituzione, ci siamo convinti che la strategia vincente potesse essere quella di crescere dimensionalmente attraverso più verticali, creando una società di gestione che fosse multi-strategy e multi-geography». In questo senso, entro l’anno è prevista l’apertura di un ufficio a Monaco di Baviera che permetterà di coprire in maniera più completa l’area DACH (Germania, Austria, Svizzera). E questo per una ragione ben precisa: «essere presenti in loco e sviluppare, attraverso un team basato sul mercato, rapporti con i fondi di private equity e gli operatori di mercato locali è un fattore determinante per il successo o l’insuccesso di un’operatività di questo tipo». E i risultati sono già evidenti.

Sul piatto, alcune operazioni importanti chiuse di recente – in particolare nei settori pharma, IT e alimentare – eseguite tramite i tre fondi di private debt e il fondo di private equity lanciato recentemente e specializzato in aziende di piccole dimensioni e caratterizzate da forti potenzialità di crescita. In un mercato soggetto a molteplici variabili come quello in cui naviga EQUITA Capital SGR, secondo Pendenza, è necessario «allargare il campo d’azione a livello geografico», per cogliere al meglio le opportunità celate dietro alle complessità.

L’andamento dell’M&A, specialmente nella prima parte dell’anno, ha subito, come lei sa, un drastico calo. Per contro, il private debt, attraversa un periodo positivo. Cosa dobbiamo aspettarci da questi ultimi mesi del 2025, secondo lei?

Le sfide sono sicuramente complesse perché il quadro è estremamente difficile e, a tratti, imprevedibile. Per questo, tenere la barra del timone dritta non è semplice, anche se, nel mid-market, le complessità assumono tratti più smussati e contenuti. Mi spiego. Se il management dell’azienda è valido, anche in circostanze come queste, è sempre possibile trovare opportunità di crescita e di miglioramento dei risultati, con le giuste strategie. Molte cose stanno cambiando sul mercato e noi ci stiamo settando di conseguenza. È evidente la progressiva sostituzione, nell’ambito del credito a medio lungo termine (private debt), del sistema bancario con i fornitori di credito alternativo; la stessa Banca d’Italia se ne sta rendendo conto e sta alzando la soglia dell’attenzione.

E questo cosa può significare?

Lascia presagire che, negli anni a venire, ci sarà una crescita del private debt anche in Italia, anche se scontiamo già oggi le difficoltà di raccolta, mentre gli operatori esteri hanno accesso a categorie di investitori che svolgono un ruolo importante nel paniere di raccolta degli operatori alternativi, come imprese assicurative e fondi pensioni; categorie che in Italia purtroppo sono ancora molto indietro per questioni, più che altro, di governance. I fondi di credito gestiti da operatori italiani sono veramente pochissimi e questo è ingiustificabile: fintanto che saremo costretti a raccogliere sul mercato italiano, saremo necessariamente piccoli e la dimensione dei fondi sarà anch’essa contenuta. Questo rappresenta un ostacolo alla crescita del sistema, e quindi delle imprese.

In questo contesto come si posiziona EQUITA Capital SGR?

Le nostre attività nel comparto dell’asset management, e in particolare dei prodotti private markets, nascono prima del 2019. Ad oggi, la società si sviluppa su quattro verticali: uno è legato alle strategie liquide come le gestioni in delega per conto di investitori istituzionali, soprattutto banche, con un focus su investimenti in mid e small cap quotate e che vale circa 350 milioni di euro; gli altri tre sono la parte rimanente, che vale complessivamente circa 700 milioni ed è legata al mondo degli illiquidi; parliamo di private debt, private equity e infra-equity, quest’ultima più focalizzata sulle rinnovabili. È importante ricordare che le attività legate alle strategie liquide citate in precedenza vantano un track-record più che ventennale, con risultati particolarmente positivi negli anni, e da sempre stata gestita da Matteo Ghilotti, che è poi la persona che insieme a me ha creato la SGR del gruppo.

Quando approda lei in EQUITA?

Sono arrivato in EQUITA alla fine del 2013 per avviare l’attività di gestione del private debt, cosa che alla fine è nata nel 2016. Il periodo di incubazione è stato piuttosto lungo per via dei tempi di creazione del veicolo, dell’identificazione del team, del completamento dell’attività di pre-marketing e di marketing. Una volta costituito il tutto, ci siamo convinti che la strategia vincente potesse essere quella di crescere dimensionalmente attraverso più verticali, creando una società di gestione che fosse multi-strategy e multi-geography.

E ci siete riusciti?

Il primo obiettivo possiamo dire di averlo centrato. Dopo il private debt è nato il private equity tra il 2021 e il 2023, con il fondo EQUITA Smart Capital - ELTIF, che ha un valore di raccolta di circa 100 milioni. E poi, l’ultimo nato in famiglia è il fondo EQUITA Green Impact Fund (EGIF), su iniziativa di un team che abbiamo assorbito all’interno della nostra struttura. EGIF è un fondo impact che oggi ha raccolto circa 160 milioni di euro ed investe in equity di società focalizzate sullo sviluppo e la realizzazione di impianti per la produzione energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo particolare fotovoltaico, eolico e biomasse.

Il secondo obiettivo, invece?

EQUITA Capital SGR è oggi ancora molto focalizzata sull’Italia ma tenderà a diversificare sempre di più anche dal punto di vista geografico. In questo senso, ci siamo già mossi in Germania, dove a breve intendiamo aprire un ufficio a Monaco di Baviera, per collocarvi un team in pianta stabile che si occupi dello sviluppo del mercato DACH.

Ci sono buone premesse anche per affermarci sul mercato spagnolo, dove effettuiamo per il momento operazioni in co-investimento per una porzione minoritaria di un fondo. E poi si vedrà.

Essere presenti in loco e sviluppare, attraverso un team basato sul mercato in grado di intrattenere rapporti con i fondi di private equity e gli operatori di mercato locali, è un fattore determinante per il successo o l’insuccesso di un’operatività di questo tipo.

È imminente l’apertura a Monaco di Baviera?

Ci siamo dati come termine la fine dell’anno, confidando che il Fondo III per allora arriverà a 200 milioni di euro di raccolta. A quel punto, avremo risorse sufficienti per affrontare l’investimento necessario all’apertura del nuovo ufficio, non solo le attività di carattere legale e regolamentare, ma anche l’attività di identificazione del team.

Come è suddivisa l’attività del team?

Quando abbiamo cominciato a sviluppare il private debt, eravamo in tre: oltre a me, Matteo Ghilotti e Giuseppe Mapelli. Oggi siamo in 24, siamo cresciuti molto e abbiamo un assetto organizzativo che prevede che ciascun verticale venga seguito da un team.

I professionisti senior vengono affiancati da una linea di analyst ed associate che agisce trasversalmente sulle varie asset class; lavoriamo per dare la possibilità anche ai professionisti giovani, spesso neolaureati, in modo che possano fare esperienze e poi specializzarsi su quei verticali che risultano più congeniali alle proprie caratteristiche. Abbiamo anche una linea di middle management, costituita da due professioniste che si occupano dei rapporti con gli investitori, con le banche depositarie, con i regulatory e gli auditor, e una specialista che segue le tematiche ESG. Tutti i nostri prodotti rientrano negli articoli 8 e 9 (si riferiscono ai prodotti finanziari sostenibili, ndr).

La sostenibilità è da sempre iscritta nel vostro DNA.

E lo dimostrano i fatti. EQUITA in generale è molto impegnata sui temi della sostenibilità. Abbiamo anche istituito una Fondazione interamente dedicata a progetti collegati al mondo charity e simili. Ogni anno, poi, pubblichiamo un report di sostenibilità perché pensiamo che sia parte integrante del nostro modello di investimento, dalla fase di due diligence, al monitoraggio degli investimenti, istituzionali e no.

Volendo fare un bilancio, qual è stato l’andamento della società quest’anno, perlomeno nella prima parte?

Stiamo facendo progressi su tutti e quattro i verticali, soprattutto lato raccolta, per i motivi che ho citato prima, e lato deployment. Abbiamo visto segni di netto miglioramento nelle ultime settimane dopo un periodo non positivo iniziato nell’ultimo trimestre del 2024 e proseguito nel primo trimestre del 2025.

Siamo molto soddisfatti del fondo EQUITA Private Debt Fund III e speriamo che anche gli investitori nazionali ci credano. È un punto su cui stiamo lavorando molto.

Quali sono stati i deal più significativi chiusi di recente?

Da poco abbiamo riavviato la macchina del deployment in maniera decisa e abbiamo completato l’investimento, tramite il fondo EQUITA Smart Capital – ELTIF, nel marchio piemontese di gioielli di alta gamma Demeglio, che ha acquisito poi, la romana RF Jewels, secondo la logica della creazione di piattaforme buy-and-build.

Abbiamo poi completato il primo investimento del Fondo EGIF che è entrato all’interno di due società specializzate in impianti fotovoltaici in Basilicata.

In Germania, abbiamo supportato il family office tedesco, Righeto, nell’acquisizione da parte di una loro partecipata del loro principale concorrente nel mercato della distribuzione di musica e libri digitale in streaming, affiancando un fondo di private debt scandinavo, che si chiama Armada, nell’operazione.

Nonostante il contesto di incertezza economica e geopolitica che stiamo vivendo, dunque, il mercato degli investimenti non si ferma. Quali, secondo lei, i settori più stabili in questo momento su cui puntare?

EQUITA per definizione ha un approccio generalista e non si propone quindi un focus settoriale specifico; come tutti però guardiamo ai segmenti che vanno per la maggiore, come l’healthcare e l’alimentare, per esempio, che in Italia hanno ancora tantissimo spazio di crescita e di consolidamento. Nel meccanismo delle acquisizioni, è fondamentale non tralasciare o trascurare nulla, soprattutto se si ha l’obiettivo di diventare un operatore con un profilo internazionale. Guardiamo anche molto al settore business services ed in generale al b-to-b. La nostra storia dimostra che si può crescere in questo mercato e si può acquisire anche un profilo che vada al di fuori degli spazi e dei confini del nostro Paese. Lo testimonia innanzitutto l’arrivo di operatori esteri sul mercato italiano. È sempre bene allargare le proprie prospettive.